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Nuota, pedala e corri verso la vita, Els!

Els Visser è una ragazza olandese innamorata dell’Australia, Els Visser è una dottoressa che ha fatto del triathlon di lunga distanza la sua professione, Els Visser è una sopravvissuta ad un naufragio in Indonesia.

Capita spesso che chi ha fatto dell’Ironman la sua professione non abbia un percorso di carriera tradizionale, la solita lunga trafila nelle categorie giovanili. Nel triathlon sulle lunghe distanze il professionismo è talvolta una scelta di vita maturata da adulti. Un gruppo di loro, tra i migliori al mondo, si allena nell’estate australiana a Coolum Beach, una cittadina sul Pacifico vicina a Noosa, la capitale del triathlon australiano. Seguono l’anticonvenzionale metodologia di Brett Sutton, l’allenatore che sussurrava ai cavalli. Dietro quegli atleti e atlete ci sono svariati allori raccolti per il mondo, ma soprattutto incredibili storie di vita. E la più sorprendente è quella di Els, un medico diventato triatleta dopo un naufragio.

In Indonesia, veleggiano di isola in isola.

Els Visser, la barca del naufragio

Nel 2014, l’allora ventiquattrenne Els aveva appena terminato un tirocinio medico a Bali. Un viaggio zaino in spalla sarebbe stato un bel modo per premiarsi. Da sola, ad esplorare l’Indonesia. Quale modo migliore di visitare l’arcipelago indonesiano se non su una piccola imbarcazione in legno, pochi membri dell’equipaggio e una ventina di passeggeri come compagnia. In programma tanto relax, sole e immersioni.

Una vacanza da sogno che inizia come da programma, ma il secondo giorno l’oceano ricorda a tutti che non è solo una tavolozza incantata piena di pesci multicolore. Le onde si fanno impetuose, Els passa la sua giornata a vomitare. È tardo pomeriggio, l’imbarcazione continua a ondeggiare, ormai tutti stanno male e davanti a loro ci sono diciotto ore di navigazione prima di raggiungere la prossima isola. Els decide di ritirarsi presto, è debole e dormire forse l’aiuterà a passare meglio la notte in preda alle onde.

L’imbarcazione è spartana, economica, perfetta per una vacanza al risparmio per una neo-laureata. Ma adesso la sua semplicità fa paura, tutti i passeggeri dormono, o tentano di dormire, su piccoli materassi l’uno accanto all’altro nel ponte coperto. Le onde sono sempre più potenti. Un ragazzo spagnolo tenta di rassicurarla, ma Els ha paura. Un oblò viene rotto dalla furia del mare e si perde nelle onde. Els afferra un giubbotto di salvataggio e lo indossa, ha terribili presentimenti, sarà una lunga notte.

Nessuno dorme, tutti si rendono conto che della criticità del momento. Verso le undici la barca rallenta, il motore si è fermato. “Sveglia, seguitemi!”. È un membro dell’equipaggio che urla di indossare i giubbotti di salvataggio e lasciare il ponte. Ormai tutti sono in preda al panico, lo scafo è bucato e imbarca acqua. Els è un medico, addestrata a mantenere la calma focalizzandosi sulla risoluzione del problema, tenta di pensare ad una soluzione. La cosa più logica è chiudere la falla, ma l’acqua entra troppo velocemente, presto realizza che sarebbe una fatica di Sisisfo.

Da soli non possono farcela, devono chiedere aiuto. Ma i cellulari non hanno campo, l’imbarcazione non ha nessuna dotazione di sicurezza, niente GPS, niente telefono satellitare, neanche razzi di segnalazione. Tutti sanno che la situazione è drammatica, stanno affondando nel bel mezzo dell’oceano, nell’oscurità senza che nessuno ne sia al corrente.

Els è perfettamente cosciente che la situazione è disperata, il giorno prima hanno navigato tutto il giorno senza incrociare anima viva. Non le resta che afferrare il passaporto, almeno daranno un nome al suo cadavere. Ma la fiammella della speranza arde ancora. Toglie la scheda di memoria dalla macchina fotografica, per conservare i ricordi di un viaggio fino ad allora felice, si avvolge in una coperta per preservare un po’ di calore, beve una bottiglia d’acqua per prevenire la disidratazione. Vede sparire nel buio dell’oceano il suo zaino con tutto quello che possiede, ma non c’è tempo per disperarsi, son solo beni materiali. Adesso non resta che aspettare il momento in cui dovrà abbandonare la nave.

Un muro d’acqua, più che un’onda, si abbatte sulla barca. Els si ritrova sott’acqua, il tempo sembra fermarsi nel buio impenetrabile, il panico la pervade, pensa sia finita quando due braccia la afferrano e la issano su una piccola scialuppa di salvataggio, è ancora viva.

La scialuppa è un semplice guscio in metallo per sei persone, niente remi o motore. Ora il gruppo è sparpagliato tra la scialuppa, il tetto dell’imbarcazione che affonda e l’oceano dove galleggiano quelli che non hanno trovato spazio all’asciutto. Els ha studiato medicina, sa che in questo caso il pericolo principale è l’ipotermia e lei ha freddo, addosso ha solo l’intimo e una maglietta, un attimo prima era a letto. Ha vomitato tutto il giorno, le energie sono al lumicino e fa sempre più freddo.

Alle sei, finalmente, sorge il sole e con lui, in lontananza, la sagoma di una montagna. C’è un’isola, laggiù. A quella visione, Els ha l’immediato istinto di iniziare a nuotare per raggiungerla. Gli altri naufraghi la fanno desistere, troppo forti le correnti, troppe le incognite, meglio aspettare i soccorsi. L’esperienza insegna che chi resta vicino ai relitti ha più possibilità di sopravvivenza.

Nuotare o aspettare.

Passano alcune ore. Niente accade. Els non riesce a smettere di pensare all’isola. Le basta una frazione di secondo per prendere la sua decisione, non aspetterà inerme cosa le serba il destino, prenderà in mano la situazione nuotando verso l’isola. Sono in quattro a lasciare la scialuppa e il relitto.

Iniziano a nuotare a dorso, braccia conserte aggrappate al giubbotto di salvataggio, in modalità sopravvivenza. Le onde li sovrastano e si abbattono su di loro, perdono il contatto e lo ristabiliscono attraverso i fischietti di emergenza dei giubbotti. Els è ancora convinta che morirà, ma si sente in parte sollevata, lo farà dopo aver lottato, anche i suoi compagni la pensano come lei, questo alza il morale.

Gaylene viene dalla Nuova Zelanda e nuota bene. Come tanti abitanti dell’isola dalla lunga nuvola ha alle spalle molte avventure in ambienti ostili, Els vuole restare con lei, le infonde coraggio. Presto le due donne si ritrovano sole. La mente di Els divaga, va ai suoi genitori che piangeranno la figlia scomparsa, ma lei la richiama su quello che ora le può dare la minima speranza di sopravvivere: nuotare, nuotare e ancora nuotare fino a quando avrà forze per farlo. Dopo cinque ore di nuoto si accorgono che finalmente possono vedere nitidamente le sagome degli alberi, scorgono anche una lingua di lava solidificarsi in mare, di fronte a loro hanno un vulcano in eruzione.

Solo cinquecento metri le separano dalla costa, ma c’è ancora una forte corrente da superare. Lottano come titani, guadagnano qualche metro per poi essere ricacciate indietro, ma alla fine vincono la loro battaglia ed entrano in acque calme, un ultimo sforzo e i loro piedi toccano finalmente la spiaggia.

Els è al settimo cielo, ma Gaylene la riporta alla realtà, devono ancora trovare il modo di sopravvivere. Stendono i loro vestiti ad asciugare negli ultimi raggi del tramonto. Vagano per cercare dell’acqua, ma non la trovano e prima di stendersi a dormire in un riparo di fortuna bevono la loro urina.

Els, la ragazza di città, è ora sotto una magnifica volta di stelle, si sente sicura tra le braccia di Gaylene, ma il suo pensiero va ai compagni di disavventura che sono ancora in mezzo all’oceano. Arriva l’alba ed Els si risveglia con la faccia coperta di vesciche, ustionata dai raggi. Sono sole e ci potrebbero volere giorni prima che qualcuno le salvi, hanno un disperato bisogno di bere. Vanno in cerca di acqua, ma solo dopo essersi costruite delle protezioni contro il sole per il viso. È ancora mattino presto quando avvistano un’imbarcazione. Issano i loro giubbotti su due lunghi bastoni e li sventolano, ma la loro salvezza transita e non si ferma. Passano alcune ore e scorgono la stessa barca che torna indietro, si dirige verso l’isola. Els scoppia in un pianto liberatorio, avrebbe riabbracciato i suoi genitori.

Sul finire di quella giornata, quaranta ore dal naufragio, sarebbe stata avvistata la scialuppa alla deriva, tutti i passeggeri tratti in salvo, tranne i due ragazzi spagnoli che avevano tentato di raggiungere l’isola a nuoto insieme ad Els.

C’è un dottorato in chirurgia da conseguire in Olanda

Els è sopravvissuta, ha capito quanto forte possano essere il corpo e la mente di una persona, in particolare il suo corpo e la sua mente. Els torna in patria, vuole proseguire gli studi, ma ad un anno dalla fine dell aspecializzazione in chirurgia cresce la voglia di mettere alla prova quella forza che l’ha tenuta in vita. Inizia a correre, solo quindici-venti chilometri la settimana. Poi dei suoi amici si iscrivono ad un triathlon sprint, lei li segue per divertimento, senza allenamento specifico e sorprendentemente vince la categoria femminile. Parla dell’esperienza con i colleghi d’ospedale e scopre che uno di loro si sta allenando per un Ironman, la cosa la incuriosisce ed intriga non poco.

È l’ottobre 2016 quando si iscrive all’Ironman di Zurigo che si terrà nel luglio 2017. La festaiola Els inizia ad allenarsi quotidianamente, niente più party, presto raddoppia le sessioni giornaliere. Corre la maratona di Rotterdam e la finisce in tre ore e una manciata di minuti. Partecipa ad alcuni triathlon su distanze corte e ottiene altre vittorie o piazzamenti di prestigio, il triathlon olandese si accorge che Els esiste. A dieci mesi dall’inizio degli allenamenti è in Svizzera al via del suo primo Ironman, finirà per vincere nel suo age group, ma soprattutto arriverà quarta assoluta tra le donne.

Els Visser vince l’Ironman Svizzera nel suo age group

La ragazza ha talento, il suo allenatore olandese lo conferma, può avere un futuro nel triathlon. Els è a un bivio, puntare sulla carriera di medico o quella di atleta. Il naufragio le ha insegnato quanto la vita posso cambiare da un momento all’altro, di come si debba cogliere l’attimo. La medicina può aspettare, è ora di vedere dove può arrivare nel triathlon.

Australia, professionismo, arrivo!

Els trova un allenatore del gruppo di Bret Sutton, fa i bagagli e lascia l’inverno di Utrecht per l’estate australiana dove si allenerà con il suo gruppo non troppo distante da Brisbane, nella Sunshine Coast. Qua le nostre strade si incrociano.

Els Visser si allena in spiaggia

Incontro Els ogni giorno nella piscina di Coolum Beach. Arriva sempre sorridente, ora gli allenamenti quotidiani sono tre. Divide la fatica con, tra gli altri, Barbara Riveros, quinta ai giochi di Rio, Michael Raelert, due volte campione del mondo di 70.3, Max Studer, campione europeo Under 23. Qualche volta ci incontriamo in bici a Yaroomba, sui rettilinei che costeggiano il Pacifico, dove nasce il sole, perfetti per gli intervalli in pianura.

Els Visser in piscina a Coolum Beach
Els Visser vince a Maastricht

In Australia arriva l’autunno, in Europa la primavera. Els torna in patria e trionfa all’Ironman di Maastricht. Taglia il nastro da vincitrice, ma viene squalificata per un taglio di boa. Ma lei, dopo aver nuotato per cinque ore nell’oceano può aver accorciato la rotta di pochi metri? Certo che no, vince il ricorso, l’Ironman Netherlands è suo.

Els Visser vince Ironman Netherlands

È qualificata per le Hawaii, edizione ottobre 2019. Di nuovo un oceano da affrontare, ma questa volta il premio finale è il titolo mondiale di Ironman. Chissà cosa avrà pensato Els posando i suoi piedi sulla spiaggia dell’isola vulcanica al termine della sua prima fatica di giornata che la porterà ad un sedicesimo posto finale.

Els Viser vince l’Ironman Neetherlands

2020, solo un altro oceano da attraversare.

È tornato l’inverno nell’emisfero nord, a novembre Els ha terminato il suo dottorato in chirurgia ed è migrata nuovamente nelle Sunshine Coast. Ha appena ripreso i suoi allenamenti tra Brisbane e Coolum per prepararsi alla stagione 2020, quando a naufragare è il mondo intero. La piscina di David Low Way ha dovuto chiudere i battenti per due mesi, ad Els per allenarsi sono rimasti solo l’oceano e i rettilinei di Yaroomba nella strada che da Noosa porta Mooloolaba costeggiando l’oceano. Questa volta è un virus che impedisce ad Els di riabbracciare i suoi genitori, bloccata in Australia continua la sua routine senza che questo le tolga il sorriso. Tornerà la normalità ed Els tornerà ad inseguire il suo sogno di un podio mondiale a Kona prima di riprendere la sua carriera di medico.

Els Visser in camice

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